Il napoletano, e ancora di più il tifoso napoletano, è sempre sotto i riflettori.
Da lui ci si aspetta che confermi il pregiudizio, così diffuso da essere un pregiudizio universale, che il napoletano sia simpatico, sorprendente, divertente e vincente.
E’ vincente perché è furbo: ma questa furbizia, il napoletano la impiegherebbe a scapito degli altri.
L’immagine del napoletano che vince con delle trovate furbe e divertenti deriva dagli aneddoti, dalle barzellette e dai film di Totò. Ed è radicatissima.
Ciaravolo vuole invece rappresentare un napoletano molto distante da questo stereotipo: un napoletano che potremmo definire dell’archetipo, che fa della leggerezza la propria cifra, che scherza su tutto, con ironia: senza rispettare (nello scherzo) niente e nessuno, compreso sé stesso.
Questo atteggiamento nei confronti della vita, insieme alla sua flessibilità , e all’importanza che hanno per lui i rapporti sociali, lo aiutano a non arrendersi, e a cercare delle soluzioni (più o meno efficaci) in ogni difficoltà, e fa di lui l’indiscusso re dell’arte di arrangiarsi. L’espressione più autentica di una napoletanità, troppo spesso dimenticata.
Il napoletano che ha in mente Ciaravolo è un vero vincente, perché la sua creatività gli permette di trovare delle soluzioni così efficaci, rapide e poco faticose, da non dover ricorrere alla furbizia.
Queste soluzioni danno vantaggio non solo a sé, ma anche agli altri: e sono spesso così inaspettate e brillanti , da strappare una risata.
Quando sono particolarmente divertenti , le storie che contengono soluzioni di questo genere hanno una velocità di diffusione e una penetrazione molto alte: in brevissimo tempo, sulle ali di un inarrestabile passaparola, arrivano a tutti.
Prima a Napoli, e poi fuori. Diffondendo questo modello archetipale di napoletanità , troppo spesso dimenticata .
Nella sua rappresentazione di questo napoletano, Ciaravolo parte dal tifoso: se gli riuscisse di rappresentare il tifoso napoletano come capace di grande ironia e di grande creatività, darebbe un fiero colpo all’immagine stereotipata del napoletano che tira a fregare gli altri.
Inaffidabile e sfaticato.
Tifoso non è sinonimo di napoletano. Ma, stranamente, napoletano è sinonimo di tifoso. Non c’è infatti alcun napoletano (provare per credere) che non sia tifoso del Napoli.
Il napoletano non è un tifoso all’acqua di rose. Non a caso, viene definito “patuto”: dal greco pathos, passione.
Il patuto vive le vicende della squadra in modo molto intenso; perciò, quando le cose vanno male, il rischio di soffrire è molto alto.
Questo significa che se dovesse mostrare di essere capace di non prendersi troppo sul serio, e di riuscire a rispondere nei momenti critici con una presa in giro, mostrerebbe di essere ancora più eccezionale.
A leggere la storia del Napoli, quanto a mostrare ironia, il tifoso parte col piede giusto; perché la sua squadra parte col piede sbagliato.
Per dir meglio, con i piedi sbagliati.
Nato nel 1926, nei primi due tornei giocati nella massima serie il Napoli fa due punti: uno all’anno.
Guardando il simbolo della squadra: un cavallo rampante, un tifoso esclama con beffarda ironia: “ato che cavallo: chisto è nu ciuccio ‘e fichella!” cioè il ciuccio più malandato che esiste.
Questo commento, dotato di corrosiva ironia, piace a tutti, e si diffonde velocissimamente in tutta la città: a riprova che, quando sente qualcosa di veramente nuovo e divertente, la gente ne parla volentieri.
Gli effetti dirompenti di quest’ironia partenopea furono due: I dirigenti del Napoli riportarono il pretenzioso cavallo nella stalla, sostituendolo, come simbolo della squadra, con un’austera N napoleonica, e il “ciuccio” diventò il simbolo non ufficiale: ma popolarissimo, di questa squadra di brocchi.
L’amore per la propria squadra non è per i napoletani un light-motive, come per tutti I tifosi del mondo, ma è addirittura un life-motive: un motivo di vita, ma questo non gli impedisce di prendere in giro il suo amato Napoli.
Per una fortunata coincidenza, poco tempo dopo, nel 1930, il ciuccio diventa, a furor di popolo, il portafortuna del Napoli.
I tifosi napoletani continuano però a fare dell’ironia sulla propria squadra: all’inizio di ogni gara, il pubblico gridava “ciuccio fa’ tu!”.
Per sottolineare il fatto che dai giocatori non ci si poteva aspettare niente...
Col tempo, qualche discreto risultato il Napoli riuscì ad ottenerlo: negli anni trenta, due terzi posti. Ma di vincere, non se ne parlava proprio.
Dal 1981 Ciaravolo ha cercato in moltissime occasioni di rappresentare un tifoso napoletano ironico e divertente; un tifoso capace di mostrare di essere all’altezza di quello che l’idea della napoletanità suggerisce, assai lontano dalle “napoletanerie “ facili che gli vengono continuamente attribuite.
1981
Nel maggio del 1981 sembriamo finalmente prossimi a farcela: in classifica la Juventus ha solo due punti di vantaggio, e verrà a giocare a Napoli. Ma il tifoso è avvilito e rassegnato:pare che il massimo che può capitarci è arrivare secondi. Dopo la Juve. E sarà sempre così.
Inutile sognare: la Juventus è capace di vanificare qualunque sogno.
Affidarsi al “ciuccio fa’ tu”, già lo sappiamo: non servirà. E nemmeno rivolgersi a San Gennaro, che la lava l’ha fermata; ma con la Juve, a quanto pare, non ce la fa...
Ci vorrebbe un’idea per fermare la Juve. Una soluzione straordinaria e ironica , surreale ed estrema, divertente, che coinvolga anche tutti i tifosi che non siano Juventini. Difficile da dimenticare, facile da realizzare, e capace di rendere il tifoso napoletano campione d’Italia su un altro campo.
Ciaravolo questa soluzione ce l’ha.
E’ una soluzione finale, nel senso di definitiva: appellarsi alla legge.
Ma non la legge del calcio: quella dello Stato (per capirci: quella uguale per tutti).
Non però per denunciare delle irregolarità da parte della Juventus (questo sarà possibile solo molti anni dopo): per abrogarla. Con una raccolta di firme per un referendum popolare.
Ciaravolo non si limita a parlarne: per innescare il passaparola allestisce con un finto notaio, aiutato dagli psichiatri della sua equipe, un banchetto per raccogliere firme,in una strada del centro di Napoli.
Con tanto di striscione, e di slogan urlati in un megafono: “firma qui ed ora, e abroga la vecchia signora”, “no alla Juve dei padroni, boccia agnelli e trapattoni!”.
L’iniziativa piace a tutti: lo dimostra il fiume di napoletani che si riversa sul banchetto, per firmare.
Il successo è clamoroso. Mettere la propria firma sotto questa divertente, ironica e paradossale proposta è, per i tanti napoletani che si affollano intorno al “bancariello” di Ciaravolo, un atto liberatorio; un modo per sdrammatizzare. E per gridare la loro entusiastica adesione a questa iniziativa opportuna, buona e giusta.
In tutta Italia parte la caccia ai banchetti per abrogare la Juve che dura alcuni mesi. Nonostante la raccolta di firme fosse andata in onda su raidue in un programma di cui Ciaravolo è autore e regista, con relativa smentita.
1984
Il momento in assoluto più drammatico nella storia del tifoso del Napoli coincide, paradossalmente, con l’esordio di Diego Maradona con la maglia del Napoli.
I tifosi del Napoli sono felici: il cuore si apre alla speranza.
Ma nella partita di esordio di Diego (prima giornata del campionato 84-85), il Verona batte sonoramente il Napoli (3-1).
E non è tutto: una frangia di tifosi veronesi insulta ferocemente I napoletani tutti (abitanti, giocatori e dirigenti) con cori e striscioni razzisti.
E’ un momento difficilissimo, per i tifosi: delusi, umiliati, e offesi.
Secondo il calendario, la partita di ritorno, Napoli-Verona, si giocherà al San Paolo il 20 gennaio dell’85.
In campionato, il Verona vola, mentre il Napoli continua ad andare maluccio.
Il rischio di una nuova mortificazione è perciò altissimo.
Bisognerebbe dare una risposta ai tifosi veronesi beceri, che assicuri ai tifosi napoletani una vittoria schiacciante: senza bisogno di vincere la partita.
Ciaravolo sa benissimo cosa fare: è sicuro che basteranno quattro parole, che non andranno gridate. E nemmeno sussurrate.
Se al San Paolo i tifosi napoletani restassero in silenzio: e nell’intervallo, srotolassero uno striscione con la scritta “Giulietta è una zoccola”, con queste quattro parole lascerebbero senza parole sia i tifosi napoletani, che quelli veronesi.
Le cose andranno così.
Quell’anno (1985) il Verona vincerà lo scudetto, ma a essere vincente sarà l’immagine del tifoso. E con essa, l’immagine del napoletano.
Le immagini di “Giulietta è una zoccola” durano solo un giorno sulla stampa, e in televisione: ma il racconto diventa virale. All’inizio, a Napoli; ma poi, anche grazie al fatto che il dramma di shakespeare è noto in tutto il mondo, arriverà assai lontano.
Il tamtam interpersonale si estenderà non solo nello spazio, ma anche nel tempo: di “Giulietta è una zoccola” si parla ancora oggi. Come esempio indiscutibile della creatività napoletana. Verissimo. Ciaravolo è napoletano di nascita, e napoletano di professione.
1987
Nella primavera del 1987, finalmente, il Napoli è Campione d’Italia.
E’ il riscatto di Napoli, e di tutto il meridione.
Il mondo tiene gli occhi puntati sui tifosi napoletani. Tutti si aspettano che festeggino in modo speciale.
L’occasione fa l’uomo leader. E il tifoso vincente.
Ciaravolo è convinto che sia il momento giusto perché un tifoso davvero creativo, possa avere il massimo di visibilità non solo in italia, ma in tutto il mondo. Se riuscirà ad andare oltre le aspettative, pur molto grandi, otterrà un risultato irripetibile per la sua immagine.
Ciaravolo un’idea ce l’ha:il tifoso napoletano dovrebbe coinvolgere nella festa non solo quelli che sono intorno a lui, ma anche quelli che non ci sono: i tifosi scomparsi prima di questo grande giorno.
Sono tanti; almeno tre generazioni di tifosi.
Un tifoso napoletano dovrebbe rivolgersi direttamente a loro, in modo ironico, e scherzoso.
Gli basterebbero quattro sentite parole, scritte sul muro di cinta del cimitero di Poggioreale: “che ve site perse!”.
Queste parole verrebbero certamente raccolte da tutti : e rimbalzerebbero su tutti i media. E sarebbero ripetute in giro nel mondo, permettendo al tifoso napoletano di essere considerato unico, più che speciale per la sua sensibilità e creatività. Queste quattro parole confermerebbero che i napoletani hanno davvero una marcia in più, e tutti capirebbero che “la marcia in più “ dei napoletani è la marcia indietro, che non gli consente di andare più veloce, ma molto molto più lontano.
Per scriverle basterebbe una bomboletta spray di vernice azzurra. Niente di più facile.
Ma Ciaravolo non lo farà in prima persona: utilizzerà un ignaro ripetitore.
Il ripetitore zero. Ma questa è tutta un’altra storia…
1990
Nel 1990 ritorna lo scudetto. E con lui, la festa.
Maradona ha fatto un altro miracolo. La squadra e la città hanno vinto ancora.
Ma c’è chi getta un’ombra nera su questo secondo scudetto. Un’ombra rossonera.
Chi non vuole accettare la sconfitta non è il tifoso milanista: è il presidente (e proprietario) del Milan. Silvio Berlusconi.
Dai fatti di bergamo (la famosa monetina che ha colpito Alemao), non fa che lamentarsi. E frignare. I media: non solo i suoi giornali, e le sue televisioni, non parlano d’altro.
Berlusconi ha acceso una polemica, e tutti gli vanno dietro.
È una grande occasione per mostrare che un tifoso può difendersi da questa campagna denigratoria, scatenata da uno che detiene un così vasto potere mediatico, e ritorcerla contro il vero responsabile. Può farlo solo se è un napoletano creattivo.
Dotato di una creatività con 2 t:turbo. La creattività è capace di generare un’idea che attiva una serie di reazioni, che portano vantaggi a catena. Con poco sforzo, in pochissimo tempo. Attraverso di essa, potrà difendersi senza offendere: usando l’arma del ridicolo. Che è più potente della bomba atomica.
Ciaravolo, che rappresenta il tifoso napoletano, questa volta, scende in campo in prima persona. E mette in vendita delle bottigline piene di acqua.
“e’ lacrime ‘e berlusconi: diecimila, tre flaconi“. Tutto qui.
Chi di comunicazione ferisce, di comunicazione perisce. Il fine giustifica I media: e qui il fine è mettere fine alle lamentele di Berlusconi.
L’impresa di Ciaravolo riesce alla perfezione: questa finta “vendita” stradale attiva un tamtam interpersonale di straordinaria portata, che spegne sul nascere qualunque tentativo di protesta dell’interessato. E di chi era d’accordo con lui.
E viene ripresa da tutti i media, nessuno escluso. Le lacrime di Berlusconi verranno firmate, autenticate da Ciaravolo e vendute davvero, all’asta ai moltissimi compratori (non solo tifosi del Napoli).
2023
Dal secondo scudetto sono passati ben trentatrè anni.
Durante i quali Claudio Ciaravolo, napoletano e tifoso, non ha smesso di adoperarsi a favore del Napoli, fondando ilnapoli.it.
Un giornale, il cui manifesto è “le parole contano più dei fatti”, con il contributo di Antonio Manzo, e di pochi altri collaboratori, diretto a tutti quelli che amano il calcio e i giochi di parole. Anagrammi, logogrifi e poesie ( una per ogni partita) sul Napoli e i suoi giocatori fino al 18 marzo del 2018.
In questa data ha cessato le pubblicazioni: annunciando che le avrebbe riprese soltanto quando il Napoli avesse vinto il suo terzo scudetto.
Quel giorno è finalmente arrivato.
E con lui, è arrivato il momento, Ciaravolo ne è convinto, che il Napoli cambi simbolo.
E’ ora che il fedele ciuccio, che ci ha accompagnato sempre, nei giorni tristi (tanti) e nei giorni belli, diventi il simbolo ufficiale della squadra.
Ma dovrà essere un ciuccio diverso: il Napoli ha compiuto un’impresa più incredibile del classico “ciuccio che vola”: perciò questo ciuccio deve avere le ali!
Ma il Napoli è stato incredibile non solo perchè ha vinto lo scudetto ma soprattutto perché lo ha fatto con creatività e flessibilità. Senza utilizzare trucchi e furbizie di alcun tipo, tenendo i conti in ordine, e pianificando il futuro con attenzione.
Senza affidarsi alla fortuna, né a San Gennaro, e nemmeno a un D(i)E(g)US ex machina. Tutto questo, per la maggior parte di chi ha un pregiudizio su Napoli, più che incredibile: é impossibile!
Ecco perché il simbolo del Napoli non può essere che il ciuccio che vola!
Questa squadra è stata festeggiata alla grande , in un tripudio di azzurro che è cominciato con grande anticipo ed è continuato senza fermarsi mai. La città non mai è stata tanto azzurra, per tanto tempo.
Ma il vero tifoso non può accontentarsi di essere azzurro fuori: deve diventare azzurro dentro. Ciaravolo lo spera.
Per riuscirci, sull’esempio di questo Napoli, il napoletano, che quasi sempre coincide col tifoso, potrebbe fare anche lui qualcosa di incredibile, addirittura di miracoloso. Può farcela! Basterà che rispetti le regole del vivere quotidiano, rinunciando a tutte quelle piccole furbizie che lo condannano ad essere il primo in classifica: ma in serie B.
A rispettare le regole dovrebbero essere però tutti i napoletani: nessuno escluso. Se saranno in grado di farlo, Napoli resterà bella come sempre, ma diventerà efficiente e funzionale come mai. Ciaravolo sa benissimo che diventare azzurri dentro non sarà di certo facile. Né veloce.
Ha pensato per questo a una scorciatoia, vantaggiosa per tutti: ha inventato il babbablu . Il tifoso deve solo prendere un babà e bagnarlo con acqua zuccherata, rhum e un po’ di colorante alimentare azzurro. E goderselo.
Nasce così il babbablù. E la possibilità di diventare letteralmente e concretamente “azzurri dentro “.
Ciaravolo ha scelto il babà perché questo magnifico dolce non è nato a Napoli: è nato in Polonia, è vissuto in Francia, e poi è arrivato a Napoli. Diventando ambasciatore di napoletanità nel mondo.
Per questa sua storia, il babà rappresenta alla perfezione questo Napoli vincente, nel quale non sono nati a Napoli né i giocatori, né il presidente, né l’allenatore, né il general manager.
Perché nascere a Napoli non basta. Per diventare napoletani ci vuole ben altro.
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